Il pastore Maremmano-Abruzzese è un cane imponente, dal pelo lungo e bianco, che da tempi remoti aiuta l’uomo nella pratica della pastorizia transumante abruzzese, proteggendo le pecore dalle belve feroci e dai ladri. Come abbiamo visto in un precedente articolo sulle terre d’Arneo, che danno il nome al nostro allevamento, anche la Puglia era meta di queste transumanze, che avevano appunto luogo tra l’Abruzzo e la nostra regione, ed in misura minore tra Abruzzo e campagna di Roma.
In questo articolo, riportando le considerazioni di Paolo Breber nel suo libro “Il cane da pastore maremmano-abruzzese” del 1977, vogliamo capire il perché di questo doppio nome per i nostri fedeli guardiani, ed in particolare se tale nome sia adeguato o meno.
Vi anticipo subito che ha detta di Breber, per quanto lo standard del pastore maremmano-abruzzese sia ben descritto nell’opuscolo dell’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, la denominazione adottata dallo stesso ente di pastore maremmano-abruzzese andrebbe cambiata in pastore abruzzese, senza l’attributo “maremmano”.
Due possibili spiegazioni al doppio nome del pastore m.a.
Breber trova due possibili spiegazioni per giustificare tale doppia nomenclatura. La prima dichiara che la formazione dell’attuale cane è avvenuta per la fusione di due razze: il cane da pastore abruzzese e il cane da pastore maremmano, ed è pertanto giusto che le due denominazioni siano unite; la seconda spiegazione afferma che nel doppio nome va ravvisato un richiamo all’area di diffusione della razza: il cane, accompagnando greggi transumanti, si troverebbe d’estate sui pascoli montani d’Abruzzo ed in inverno scenderebbe nei pascoli di pianura della Maremma in Toscana.
Entrambe le spiegazioni sono sbagliate
Per quanto riguarda la prima Breber esclude categoricamente che il “cane da pastore maremmano-abruzzese” sia una via di mezzo tra le caratteristiche del cane da pastore abruzzese e quello maremmano, e fa presente che la figura del “cane da pastore maremmano-abruzzese”, così come definita dall’E.N.C.I., rappresenta semplicemente il cane da pastore abruzzese e nessuna delle caratteristiche tipicizzanti il cane da pastore maremmano sono state accolte nello standard del pastore maremmano-abruzzese.
A proposito della seconda spiegazione, Breber fa presente che non esiste una corrente di transumanza tra la Toscana e l’Abruzzo e non risulta esistesse in passato; osservazione, quest’ultima, sostenuta dal fatto che prima dell’unificazione d’Italia, ben due confini politici separavano queste zone.
A ulteriore sostegno di quanto afferma Breber cita un passo del libro “Il Cane” di A. Vecchio, libro pubblicato oltre cento anni fa, nel cui capitolo intitolato “il cane da pastore italiano” si legge quanto segue.
Nello abruzzese i pecorari hanno dei cani bianchi a pelo lungo di enormi dimensioni, ma docilissimi i quali serbono il loro ardire esclusivamente per la tutela del gregge.
Ed anche riporta il testo, che segue, del volume “Cani e Gatti” del prof. F. Faelli, in cui è descritto il “cane da pastore degli Abruzzi”:
È un cane bianco a pelo lungo di alta taglia; forte tarchiato, coraggioso; è docilissimo, ma feroce per la tutela del gregge a lui affidato. La testa è larga nella parte superiore fra le orecchie, e va affinandosi verso la punta del muso; gli occhi sono tagliati obliquamente e di colore chiaro, la punta del naso e generalmente nera e larga; le orecchie sono piuttosto piccole, semi diritte, cioè, a punta cadente; il collo è corto e robusto; il tronco è tarchiato, denotante forza; gli arti pure sono forti e ben fatti; i piedi sono larghi; la coda è grossa, lunga, coperta di peli fini e lunghi, senza frangia. Il pelo e sericeo; corto e liscio sul cranio e sulla faccia; lungo sulle guance e su tutto il corpo; forma una piccola frangia alla faccia posteriore degli arti anteriori. Il colore del mantello è bianco. È alto circa 60-65cm
Da entrambi i frammenti, si evince che il cane da pastore, avente le caratteristiche di quello che viene chiamato “cane da pastore maremmano-abruzzese”, era considerato esclusivamente abruzzese dalla cinofilia italiana dell’epoca, quella poco precedente al periodo in cui Breber scrive (1977).
Solo “cane da pastore abruzzese”
Breber riporta ulteriori considerazioni e dati, a sostegno della sua tesi, comprese delle statistiche del corpo forestale sul numero di individui presenti nelle varie regioni, e conclude facendo presente che la Maremma non è zona d’origine né zona di diffusione del “cane da pastore maremmano-abruzzese” per cui sarebbe auspicabile che l’E.N.C.I. correggesse tale denominazione in “cane da pastore abruzzese”.